LE ORIGINI
È difficile per chi non si sia mai recato presso la Comunità di Findhorn, o non vi fosse rimasto per un tempo sufficientemente lungo, comprendere cosa rappresenti quella realtà. È un luogo dove il processo di crescita personale ed il rapporto con lo spirito vengono stimolati continuamente.
Di questo era ben cosciente Joy Drake, membro da molti anni della Fondazione, quando sentì nascere dentro di sé il desiderio di dare vita ad uno strumento che desse la possibilità di imparare le lezioni e ricevere gli stimoli che l’ambiente di Findhorn può mettere a disposizione, senza dovercisi recare e rimanere per almeno tre anni.
“Era come voler distillare l’essenza del processo educativo che si attiva nel momento in cui incominciamo a vedere la vita come una palestra in cui si impara a crescere” come lei stessa condivise alcuni anni fa.
In un suo articolo nel 1985, spiegò come il processo che portò al Gioco originale «fu lento e graduale e si sviluppò in un percorso di fede cieca nella mia intuizione. Nessuno, tanto meno io, poteva comprendere cosa fosse questa cosa che era contemporaneamente ossessione, gioco, hobby. Non era certo qualcosa nato alla sera alla mattina.»
È facile comprendere come fosse difficile per Joy spiegare cosa accadde in quel periodo della sua vita, ma, nonostante ritenesse le parole inadeguate a descrivere la sua esperienza, continua così la sua storia: «Mi sento nel flusso, come se stessi facendo qualcosa di veramente profondo, come inventare l’algebra. So che questo vi sembrerà ridicolo, ma è così che mi sento dentro. Come posso prendervi tra le braccia e permettervi di sentire i fremiti d’entusiasmo e le cadute che hanno caratterizzato questo incredibile periodo della mia vita? Emerge organicamente, con sudore, gioia, amicizia e lacrime; il germoglio di un impulso planetario più ampio che, in un modo o nell’altro, tutti quanti sentiamo.
Fu un lavoro duro, rigoroso e faticoso. Il risultato fu una combinazione tra gioco e seminario, con una magica fusione del più alto livello di compassione e intelligenza con saggezza e integrità. Il contesto di estremo sostegno che offriva, faceva sì che si potesse raggiungere una profonda comprensione ed accettazione di se stessi e del processo di cambiamento che stava avvenendo. Il Gioco era in grado di riflettere con incredibile chiarezza la vita dei giocatori: le loro crisi, le loro sofferenze e limitazioni, le loro celebrazioni, la loro gioia, i loro miracoli. Continuò ad avere il nostro interesse ed attrasse un gruppo iniziale di guide e giocatori, sostenitori. Così, in sordina, quello che inizialmente era un passatempo al quale veniva dedicato il nostro tempo libero, divenne un programma di lavoro a tempo pieno, che si estese a dismisura nel momento in cui lasciammo che la potenza ed il potenziale del Gioco si esprimesse.»
Da quando in Joy incominciò a farsi strada l’idea iniziale, sentì sempre più forte il bisogno di esplorare i vari modi per sviluppare questa idea, e non mancò di ricevere ispirazione anche attraverso un certo numero di altri giochi o realtà in voga a quei tempi.
Joy si chiedeva cosa sarebbe potuto accadere se le persone fossero state messe in grado di affrontare esempi specifici di atteggiamenti o comportamenti che potevano farle avanzare o, viceversa, bloccare nel loro cammino verso la consapevolezza e la completezza.
Incominciò così a scavare nelle sue stesse esperienze di vita ed in quelle dei suoi amici, e fu così che ebbero origine i due mazzi di carte principali del Gioco: le Risorse e gli Ostacoli.
Gradualmente, utilizzando le risorse, così immensamente ricche, che man mano giungevano da esperienze di vita o pensieri di varie persone, vennero inclusi nel gioco tutti quegli aspetti che costituiscono gli schemi e gli intrecci della vita umana: miracoli, benedizioni, lacrime, intuizione, la notte buia dell’anima o depressione, i propositi o scopi della vita, gli angeli, le sfide, il libero arbitrio e così via.
E sebbene i giocatori facessero avanzare le loro “personalità” di casella in casella lanciando il dado, non erano partecipanti passivi in questo processo. Molte delle caselle richiedevano infatti che loro stessi si esercitassero nel prendere iniziativa o nell’usare l’immaginazione; che condividessero in maniera assai profonda a livello personale e che prendessero le loro decisioni e facessero le scelte necessarie in quel preciso momento della loro vita. Ciò che il Gioco stava facendo era mettere a disposizione certi parametri entro i quali i giocatori potessero creare la loro esperienza personale.
Furono poi creati i diversi “regni” di esperienza, cosicché le persone potessero esplorare la loro relazione con aree particolari della loro vita. Si creò una struttura dove i giocatori potessero “nascere” e crescere, dapprima attraverso i vari livelli del fisico, dell’emozionale e del mentale e poi oltre, nel regno dello spirito.
Poi vennero introdotti nel Gioco anche gli Angeli, inizialmente attraverso 52 qualità positive, quali la Grazia, la Compassione, il Perdono, la Luce, la Trasformazione, il Potere, la Guarigione, per citarne alcune. Prima di iniziare e dopo aver fatto chiarezza sui propri propositi, i giocatori venivano chiamati a scegliere una di queste cartina e quella sarebbe stata la qualità con la quale ciascuno avrebbe lavorato per tutta la durata del gioco e dalla quale avrebbe potuto trarre continua ispirazione.
Sebbene l’idea originale del Gioco fu di Joy, lei è sempre pronta a puntualizzare che sono stati in molti ad essere coinvolti nel suo sviluppo e realizzazione finale,anche se alcuni lo fecero consapevolmente mentre altri no.
«Continuavo incessantemente a sentire persone parlare di quali cose meravigliose accadevano nella loro vita o di quali sfide stessero affrontando. Così correvo a casa per scrivere il testo di una Risorsa o di un Ostacolo», racconta Joy, «oppure leggevo una poesia o facevo una certa esperienza durante una meditazione guidata che mi dava l’idea per un’altra Risorsa.»
Ma lo sviluppo del Gioco implicò anche molte ore di gioco effettivo con “simpatizzanti e devoti del Gioco”, utilizzando tabelloni improvvisati, all’interno di sessioni nel corso della quali i presenti si scambiavano tutto ciò che passava loro per la testa ed esprimevano il loro parere; dove non mancarono lunghe discussioni filosofiche sulla natura del dolore, della creatività, di Dio, della spiritualità, della personalità, del Tutto, di come funziona il mondo, ed una gran varietà di altre tematiche correlate.
In questi incontri serali venivano sperimentate le varie idee, man mano che si sviluppavano e prendevano forma e ci vollero diciotto mesi per costruire le varie parti che costituirono il primo prototipo del Gioco. Il rapporto col Gioco era per Joy la cos più importate, una sorta di relazione esclusiva: mangiava e dormiva col Gioco.